Legambiente presenta il nuovo rapporto Ecomafia: «Il 2015 è lo spartiacque: con la legge sugli ecoreati chi inquina pagherà»

Un momento della conferenza
Un momento della conferenza

Dopo 21 anni di battaglie, la legge n. 68 del 22 maggio 2015 ha introdotto nel codice penale i delitti contro l’ambiente. Intanto, il 2014 si è chiuso con un bilancio davvero pesante: 29.293 reati accertati, circa 80 al giorno, poco meno di 4 ogni ora, per un fatturato criminale che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 22 miliardi, cui ha contribuito in maniera eclatante il settore dell’agroalimentare, con un fatturato che ha superato i 4,3 miliardi di euro per 7.985 reati accertati. Cresce l’incidenza criminale nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Puglia, Sicilia, Campania e Calabria), dove si è registrato più della metà del numero complessivo di infrazioni, ben 14.736. Si registra un aumento degli illeciti in Puglia, col 15,4% dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti. Crescono i reati nel ciclo dei rifiuti (oltre 7mila, +26% rispetto all’anno precedente) e le inchieste sul traffico organizzato di rifiuti, che arrivano addirittura a 35. Impressionante anche il quantitativo di rifiuti sequestrati in questo ultimo anno e mezzo: in appena 16 inchieste condotte, più di tre milioni di tonnellate di veleni sono state bloccate da provvedimenti giudiziari. Drastica è, invece, la riduzione degli illeciti nel traffico internazionale di rifiuti, il cui quantitativo sequestrato passa da 4.300 tonnellate del 2013 alle 1.500 dello scorso anno. Nel ciclo del cemento aumentano gli illeciti: 5.750 reati (+4,3%), compiuti soprattutto in Campania, e poi in Calabria, Puglia e Lazio. Nel racket degli animali, invece, le forze dell’ordine hanno verbalizzato ben 7.846 reati.

Il 2014 è stato un anno di lavoro intenso per le forze dell’ordine che hanno raggiunto risultati sorprendenti nella lotta all’ecomafia. Il Corpo forestale dello Stato, come gli scorsi anni, ha portato alla luce il numero più alto di infrazioni, 14.135, più del 48% del totale (con 11.214 denunce, 74 arresti e 3.778 sequestri). Risultati che fanno apparire ancora più incomprensibile la decisione del Governo di smembrare questo Corpo per inglobarlo in un’altra forza di polizia.

I dati pugliesi del rapporto Ecomafia 2015 di Legambiente sono stati presentati oggi a Bari, nel corso di una conferenza stampa, daFrancesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, alla presenza di Ennio Cillo, magistrato della Procura della Repubblica di Lecce e Renato Nitti, magistrato della Procura della Repubblica, e dei rappresentanti delle forze dell’ordine.

«Nel Rapporto Ecomafia 2015 la Puglia conquista la vetta della poco edificante classifica delle illegalità ambientali in Italia, primato raggiunto scalzando quello storico della Campania – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – Nella nostra regione, infatti, le forze dell’ordine hanno riscontrato ben 4.499 infrazioni, il 15,4% di quanto accertato su tutto il territorio nazionale, denunciato 4.159 persone ed effettuato 2.469 sequestri. In linea col dato regionale, la provincia di Bari risulta essere la più colpita d’Italia per numero complessivo di infrazioni, 2.519, così come non sfigura nemmeno quella foggiana con 802 infrazioni. A questo si aggiunge un altro primato, quello nel ciclo illegale dei rifiuti con ben 2.081 infrazioni accertate, mentre l’abusivismo edilizio e i reati contro la fauna non accennano a diminuire. Una scalata ai vertici da parte della Puglia che si spiega con il capillare lavoro di monitoraggio e controllo svolto in tutta la regione dalle forze dell’ordine (in particolare Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza e Carabinieri), coordinate operativamente da diversi anni grazie a un Accordo Quadro promosso e finanziato dalla Regione e che si avvale delle competenze scientifiche di Cnr e Arpa Puglia. Un lavoro di squadra che sta dando i suoi risultati (dal 2007 ad oggi sono state ben 3.154 le discariche sequestrate), dimostrando il valore di una buona pratica di sinergia nel contrasto ai crimini ambientali, reso peraltro necessario dal livello di aggressione, che si potrebbe estendere a livello nazionale».

Nella classifica generale dell’illegalità ambientale in Italia nel 2014, la Puglia sale al primo posto con ben 4.499 infrazioni accertate, il 15,4% di quanto accertato su tutto il territorio nazionale. Record anche per numero di persone denunciate, 4.159, e di sequestri effettuati, 2.469, mentre sono appena 5 le persone arrestate. Nella classifica provinciale dell’illegalità ambientale nel 2014 si piazza al primo posto Bari che registra il record di 2.519 infrazioni accertate, l’8,6% su scala nazionale, arrivando persino a scavalcare Napoli. Segue nella classifica, al 6° posto, la provincia di Foggia con 802 infrazioni accertate.

Nel ciclo illegale dei rifiuti, la Puglia sale al primo posto ed è la regione con il più alto numero di infrazioni accertate, ben 2.081, quasi il 29% di quanto registrato nelle 20 regioni, un numero 4 volte più grande rispetto all’anno scorso (quando si attestavano a quota 469). Record anche per persone denunciate, 2.020, e sequestri effettuati, 1.744. La maggior parte delle infrazioni accertate si concentra nelle province di Bari, 1.641, e Foggia, 184. In Puglia, dal 2002 ad oggi (24 giugno 2015), ci sono state ben 48 inchieste contro attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti, cioè il 16,8% circa delle inchieste su tutto il territorio nazionale. Inchieste che hanno visto 153 persone arrestate, 222 persone denunciate e 60 aziende coinvolte. Venendo alle inchieste più importanti, nel 2014 è stata la D.D.A. di Bari a coordinare una maxi operazione contro un traffico organizzato di rifiuti, denominata “Black Land”, eseguita dal NOE di Bari del Comando Carabinieri, dalla DIA di Bari e dal Comando Provinciale Carabinieri di Foggia. L’inchiesta si è concentrata soprattutto nell’area foggiana e ha permesso di sgominare un’organizzazione criminale dedita al traffico illecito di rifiuti su scala nazionale, portando all’arresto di 14 persone, fra cui imprenditori del foggiano e del napoletano. Migliaia di tonnellate di rifiuti speciali non trattati, provenienti da impianti di compostaggio e di stoccaggio, ubicati in Campania, nelle province di Salerno, Caserta e Avellino, venivano smaltiti illecitamente in Puglia, in un enorme voragine ricavata in un terreno agricolo di Ordona, nel foggiano. Particolare attenzione da parte del NOE di Lecce, nell’anno 2014, è stata riposta sul fenomeno dei tombamenti abusivi di rifiuti su tutto il territorio salentino e anche in provincia di Taranto. Numerose le indagini del Corpo Forestale dello Stato che hanno permesso di portare alla luce ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi e non, tombati in diverse località: in una ex cava sita a “Grottelline” in agro di Spinazzola (Ba), nel Torrente Picone, in agro di Sannicandro di Bari, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, e in località Santa Fara nel Comune di Bari, dove è stato trovato anche amianto frantumato. L’operazione “Pozzo senza fondo” del Corpo Forestale dello Stato, nell’ambito di una indagine condotta dalla D.D.A. di Bari, ha portato al sequestro di un maxi frantoio del barese che smaltiva direttamente in falda le acque di vegetazione derivanti dalla lavorazione delle olive, in violazione delle normative ambientali di settore. Invece sono state quasi 1.800 le infrazioni accertate e 37 le discariche sequestrate dalla Guardia di Finanza nell’ambito della tutela ambientale sul territorio pugliese.

C’è poi la dimensione transnazionale della Puglia, cerniera tra l’Europa, i Balcani e il Medio Oriente, che l’ha trasformata in una base logistica per traffici transfrontalieri di rifiuti, soprattutto quelli diretti verso il sud est Europa e l’Estremo Oriente. Tra i porti italiani dove si sono avute più operazioni contro i flussi illeciti di rifiuti – in particolare materiali di scarto destinati illegalmente al riciclo, materiali ferrosi di rottami di auto e veicoli, scarti di gomma e/o pneumatici, e poi metalli, plastica, Raee e tessili – ci sono anche Bari e Brindisi. In un’operazione congiunta denominata “Desert waste”, l’Agenzia delle Dogane, il Corpo Forestale dello Stato e la Guardia di Finanza hanno scoperto e bloccato un traffico internazionale di rifiuti diretti dal porto di Bari verso Libia e Iran. Quattro semirimorchi erano pronti per essere imbarcati colmi di materiale ferroso, pezzi di camion rottamati, batterie, pneumatici, filtri e altri rifiuti speciali, spacciati per pezzi di ricambio usati, e quindi commercializzabili. Dagli accertamenti è risultato che la merce non era stata sottoposta alla procedura di bonifica per il recupero. Le ulteriori indagini hanno portato alla scoperta di una vera e propria organizzazione criminale che effettuava spedizioni transfrontaliere di ingenti quantitativi di rifiuti, facendoli passare per merce recuperata.

«Oltre ai traffici organizzati, la Puglia si conferma anche una delle regioni più martoriate dalle discariche illegali – continua Tarantini Dalle piccole discariche di eternit, laterizi e pneumatici fuori uso alle cave in cui spesso vengono tombati i rifiuti scoperti dalle forze dell’ordine. Purtroppo le 2.579 cave dismesse e/o abbandonate nella nostra regione rischiano di diventare luoghi privilegiati per lo smaltimento illecito di rifiuti. Invitiamo, in tal senso, il nuovo governatore a puntare su un piano di recupero ambientale e plaudiamo alla convenzione sottoscritta tra Regione e Comando regionale dei Carabinieri inerente i controlli sia nella fase di scavo che in quella di trasporto degli inerti».

Nella classifica dell’illegalità nel ciclo del cemento, la Puglia scende al terzo posto con 598 infrazioni accertate (il 10,4% del totale nazionale), 699 persone denunciate e 238 sequestri effettuati. La piaga del cemento fuorilegge continua a devastare le località più rinomate dal Salento al Gargano. Proprio qui, in particolare nel Comune di Monte Sant’Angelo, il Corpo Forestale dello Stato, su disposizione della Procura di Foggia, ha sequestrato decine di case e villette a due passi dal mare. I presunti responsabili, circa 30 proprietari, sono stati denunciati per reato di lottizzazione abusiva e violazioni dei vincoli paesaggistici.

«I dati delle forze dell’ordine – precisa Tarantiniconfermano come sono ancora troppi i manufatti abusivi che deturpano la Puglia. Il miglior deterrente al nuovo abusivismo rimane l’abbattimento degli immobili fuorilegge, quindi il ripristino della legalità».

In questi anni, Legambiente, nelle pagine del rapporto Ecomafia, ha sempre raccontato e continuerà a raccontare le storie di corruzione, le truffe, le infiltrazioni dei clan che hanno pesantemente contaminato il mondo delle energie rinnovabili. Un settore strategico della green economy, fondamentale al nostro paese per affrancarsi dalle fonti fossili e per fronteggiare la crisi investendo su innovazione e tecnologie pulite. Si chiama “Volo libero” l’operazione congiunta di Guardia di Finanza e Corpo Forestale dello Stato che ha portato al sequestro di 19 pale eoliche, installate sul territorio di Crispiano e Massafra, e di altri beni per 350mila euro circa. Dodici le persone indagate dalla Procura della Repubblica di Taranto e tre i cantieri sequestrati. Numerose le accuse: dall’ipotesi di truffa con mendaci dichiarazioni per l’ottenimento di contributi pubblici a quella della violazione di aree vincolate, in cui si sono insediati gli impianti eolici.

Per quanto riguarda il racket degli animali (corse clandestine di cavalli, combattimenti clandestini, traffico di animali da compagnia, commercio illegale di specie protette, macellazione clandestina, abigeato, bracconaggio e pesca di frodo) la Puglia sale al secondo posto(l’anno scorso era al terzo) con 1.115 infrazioni accertate, 1.066 persone denunciate e 380 sequestri effettuati. Tra le prime cinque province italiane per numero di infrazioni contro la fauna c’è Bari, al 2° posto con 249 illeciti accertati.

Nella classifica sulla corruzione in Italia in materia ambientale la Puglia è al 7° posto con 12 inchieste, 79 persone arrestate, 169 denunciate e 6 sequestri effettuati. Negli ultimi quattro anni e mezzo Legambiente ha censito alcune delle principali inchieste ecocriminali, in virtù del ruolo cruciale svolto dalla corruzione, contandone ben 233. Purtroppo gli appalti pubblici nel settore dell’ambiente sono tra quelli più esposti alla corruzione e alla criminalità organizzata.

Sul fronte dell’archeomafia, l’aggressione criminale al patrimonio artistico e archeologico, la Puglia, una delle regioni più ricche di reperti archeologici ma anche di tombaroli attivi, scende al 10° posto con 34 furti di opere d’arte. Nel territorio pugliese continua lo scavo clandestino ad opera dei tombaroli, un’attività illecita intorno alla quale ruotano enormi interessi economici e commerciali e sulla quale sta efficacemente intervenendo il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bari, che in molti casi ha recuperato numerosi reperti archeologici.

«Con l’introduzione nel codice penale dei delitti contro l’ambiente – conclude Tarantini le ecomafie e l’ecocriminalità, che vuole fare profitti a danno della salute collettiva e degli ecosistemi, cominceranno ad essere contrastate con adeguati strumenti repressivi. A tal proposito, non possiamo non sottolineare come sia incomprensibile la decisione del Governo di smembrare il Corpo Forestale dello Stato per inglobarlo in un’altra forza di polizia. Il più diffuso corpo di polizia specializzato nella tutela dell’ambiente e del paesaggio ha un ruolo fondamentale nel contrastare tutte le forme di illegalità e minaccia del territorio: dagli incendi boschivi al dissesto idrogeologico, dall’abusivismo edilizio in aree interne allo smaltimento illegale di rifiuti, dai reati contro gli ecosistemi naturali e le specie protette fino agli illeciti in campo agroalimentare».